TRASPORTO D'AMORE

di Raimondo Rotondi

 

Ho sempre amato gironzolare per l’Italia a caso.

In un paese di così antica storia, c’è sempre qualcosa da vedere.

Seguendo l'istinto, non sono mai rimasto deluso.

Mi trovavo in una zona di boschi dall’aria vissuta. Gli alberi erano solidi, antichi ed interessanti. Mi ero fermato a guardarli, rimanendone affascinato. In una radura c’era anche una chiesetta, a confermare che, ancora una volta, il mio istinto aveva avuto ragione.

Adoro le piccole chiese di campagna. Trovo in esse quel qualcosa d'indefinibile, che non riesco più a trovare altrove.

Quella che avevo davanti era perfetta, nel suo genere.

I restauri alla “prendi i soldi e scappa” non l’avevano ancora massacrata.

Nessuno aveva provato a farla somigliare all’area di sosta di un autogrill. Da molti anni, anzi, nessuno l’aveva toccata. Fiori freschi e candele accese, dimostravano, però, che la chiesa era ancora frequentata.

Sul retro, un muro sembrava celare un orto. S'intravedeva anche una piccola costruzione, al di là.

- Arrivo, arrivo! Scusi il ritardo. -

S'avvicinava un uomo anziano, che zoppicava in modo vistoso.

Il tentativo, inutile, d'affrettarsi rendeva strana la sua andatura.

- Scusi tanto. Me n’ero proprio dimenticato. So che lei ci tiene alla puntualità, ma sono anziano. La memoria non è più quella di un tempo, purtroppo. -

Ci tenevo, e ci tengo, alla puntualità, ma lui non poteva saperlo.

Mi aveva scambiato per qualcun altro, di sicuro.

Non ritenni opportuno precisarlo. Volevo vedere come andava a finire.

- Eccola, eccola! Sapesse quanto ci ho messo a trovarla! -

Agitava una grossa chiave di tipo antico, arrugginita.

Avrei dovuto chiarire l'equivoco, ma la curiosità ebbe il sopravvento. Tacqui.

Lui continuava a parlare in modo concitato, quasi avesse paura del silenzio.

Fra le raffiche di parole, arrivai a capire che la chiave era per la porta nel muro, sul retro della chiesa.

Dietro quel muro c'era un cimitero abbandonato.

La persona, per la quale ero stato scambiato, si era fatta raccomandare da una certa Mariuccia, per visitarlo.

La serratura era bloccata dalla ruggine. Fu necessaria una bomboletta di spray, che avevo in macchina, per sbloccarla.

L'uomo continuava la sua personale guerra contro il silenzio. Io non avevo ancora pronunciato una parola.

Sbloccata la serratura, fu necessario altro lavoro.

La vegetazione spontanea aveva quasi sigillato la porta, ma riuscimmo ad aprirla, in qualche modo.

Utilizzai tutta la bomboletta per lubrificare bene serratura e cardini.

Volevo forse sdebitarmi per il piccolo imbroglio.

Terminato quel lavoro, mi soffermai a guardare il cimitero. Uomini d’altri tempi riposavano sotto lapidi, sommerse dalla vegetazione.

- I tuoi bisnonni sono qui, ma non saprei dirti in quale tomba. -

I miei antenati non potevano essere sepolti da quelle parti. Mi segnai comunque con rispetto.

L'uomo sembrò soddisfatto e tacque, per il tempo di richiudere la porta. Gli diedi diecimila lire di mancia. Non sapevo se il prezzo fosse equo, per aver visitato il cimitero al posto di un altro. L'uomo ringraziò e mi salutò con un vero fuoco artificiale di chiacchiere, cui risposi con un cenno. Mentre si allontanava zoppicando pensai che, per tutto il tempo, non avevo detto una sola parola. Stavo risalendo in macchina, quando una voce femminile m'interruppe.

- Contento? -

- Contento di cosa? - risposi, in modo automatico.

- Sapessi quanto c'è voluto, per convincere Crispino. -

Aveva parlato una donna, vestita da contadina. Volevo chiarire, una volta per tutte, l'equivoco, ma la signora non me ne diede il tempo.

- Mia figlia ha insistito tanto. Ha soltanto ventidue anni e chissà cosa pensa della vita. Trattamela bene. E' l'unica figlia che ho. -

- Ma signora, ho anch'io una figlia di quell'età e... -

- Lo so, lo so. Ormai le cose sono andate così. Sei vedovo e ti puoi risposare. Vi siete innamorati. Non so perché, ma ha scelto te. -

Lo sguardo che mi lanciò fu eloquente. Lei non avrebbe mai scelto uno come me. Mi sentii offeso.

- Uomini e donne non si scelgono. C'è qualcosa d’ignoto che sceglie per tutti e due. Il trasporto d'amore ha lo stesso respiro del mondo... -

Avevo iniziato in modo filosofico, ma volevo dire, una buona volta, che m'avevano scambiato per un altro. Non era destino che arrivassi a dirlo. M’interruppe.

- Eh! Il trasporto... - ridacchiò - Senza trasporto non sarebbe successo, lo so. Non ti preoccupare. Sei un brav'uomo, anche se hai la stessa età di suo padre. Eccola che arriva. Io scappo. Per carità! Non gli dire che ci siamo visti e che abbiamo parlato. -

Scomparì, senza darmi il tempo di aggiungere altro.

Dopo qualche secondo, arrivò una ragazza.

Mi guardò con aria interrogativa, ma non parlò. La vaga somiglianza che aveva tratto in inganno gli altri, non poteva trarre in inganno lei.

Rimasi a guardarla, cercando di non farmi notare. Il mio sosia misterioso aveva buon gusto. Quella ragazza avrebbe retto il confronto con molte dive dello spettacolo. Risalii in macchina a malincuore. Mi sarebbe piaciuto essere davvero al posto del mio sosia.

Più tardi, mi fermai a mangiare, in un ristorantino lungo la strada.

Ero l'unico cliente ed il proprietario mi colmò d’attenzioni. Mangiai da re e finimmo per fare amicizia. Alla fine si sedette al mio tavolo, a chiacchierare. Gli raccontai della visita al vecchio cimitero.

- I tuoi antenati sono sepolti là. La tua famiglia era di queste parti. -

Anche lui mi aveva scambiato per l’altro.

Pensai, per la prima volta, che le attenzioni ricevute non dovevano essere riservate a tutti i clenti. Mi conveniva tacere, almeno prima di pagare il conto.

Il ristoratore continuò.

- Te lo devo proprio dire: con tutti i soldi che hai, proprio con quella contadina ti dovevi mettere!-

Non sapevo cosa rispondere. A me quella “contadina” sarebbe piaciuta, anche se non avevo tanti soldi.

- Io ho una figlia che è un fiore. Adesso la chiamo per fartela vedere.

Non devi fare caso a come va vestita. Sta lavorando in cucina. È lei che ha cucinato. –

Non la chiamò, almeno non a voce. Fra lui e la figlia doveva esistere un livello di comunicazione telepatica.

La ragazza si era già affacciata dalla porta della cucina. Lavorava in minigonna, calze a rete, tacchi a spillo e un fiore tra i capelli.

Mi lanciò uno sguardo, vietato ai minori, da due occhi libidinosi, truccati in modo pesante.

Non era brutta. Senza il travestimento da battona doveva essere addirittura bella.

Presentata in quel modo, mi lasciò di sasso.

Non sapevo che dire e che fare.

Il padre me la stava buttando fra le braccia, in modo plateale.

Al posto mio, molti avrebbero approfittato della situazione.

Sarebbe bastato far finta di stare al gioco.

L’iscrizione benemerita all’albo degli onesti fregnoni m’impediva, però, l’esercizio di certe attività truffaldine.

Dovevo svicolare e togliermi d’impaccio, al più presto. Il look battone della Messalina casereccia, non mi lasciava del tutto indifferente.

Balbettai qualcosa sull’amore. Dissi che il trasporto d’amore ha motivi misteriosi che nessuno ha mai capito.  La natura chiama; l’uomo e la donna rispondono. Il respiro del mondo suona la musica cui tutti devono accordarsi, evitando note stonate. Il trasporto d’amore vuole così e non ammette ostacoli sul suo cammino…

- Tu sì nu puèta !- Disse la vampetta, rapita.

- Se non conosce il trasporto d’amore lui, non lo conosce nessuno. –Replicò il padre.

Con un altro po’ di chiacchiere lirico-poetiche riuscii a convincerli che, per il momento, ero impegnato con l’altra. Non si poteva mai sapere come le cose sarebbero andate a finire, però.

Lasciai sottintendere tutto ed il contrario di tutto. Il padre parve soddisfatto.

Quando ci lasciammo, mi strinse la mano con complice cordialità. La ragazza, con l’ultimo saluto, rinnovò tutte le sue esplicite promesse.

Non c’era stato verso di pagare il conto. Avrei meritato una sanzione disciplinare dall’ordine degli onesti fregnoni, per quello.

In macchina mi sorpresi a riflettere sull’identità del mio misterioso sosia.

Sapevo che era vedovo ed aveva un sacco di soldi. Ragazze dell’età di mia figlia gli svenivano dietro. Beato lui.

Io, approfittando della somiglianza, avevo visitato il cimitero dei suoi antenati ed avevo mangiato gratis.

Mi rimaneva la curiosità di sapere chi era.

La risposta arrivò, poco tempo dopo, in mezzo al traffico di un’intasata statale.

Decine di TIR la percorrevano nei due sensi, quasi bloccandola.

Le scritte, che campeggiavano sui teloni, furono una vera rivelazione.

Tutti quei TIR appartenevano alla ditta “Autotrasporti Internazionali D’Amore”.