SCRIVIMI

 

di Simone Fregonese

 

Oggi ho impugnato la penna e mi sono seduto di fronte al foglio bianco.

In fondo, ho pensato, non sarà poi così difficile scrivere una lettera. Una lettera alla mia ragazza, magari romantica. Con una lettera si ha il tempo, la tranquillità e perché no, anche il coraggio, di dire ciò che al telefono è quasi impossibile. Inoltre una lettera resta, lascia una traccia, cosa che a pensarci bene può diventare pure un’arma a doppio taglio. Comunque con un pezzo di carta ed un francobollo si può far di meglio che in ore di conversazione telefonica.

Cominciamo, che ci vorrà mai? L’importante è trovare la prima frase.

 

Cara Claudia,

 

No, non va bene, è tropo banale, scontato, posso fare di meglio.

 

Carissima Claudia,

 

No, ancora troppo poco, è già un po’ più di cara ma ancora banale. D’altra parte “carissimissima” è addirittura ridicolo.

 

Amore,

 

Troppo smielato, non fa per me. Potrei provare con un “piccola”. Bum! Come un gangster che chiama la pupa; e poi è pure più alta di me. Forse

 

Gentile Claudia,

 

Che schifo, basta solo aggiungere “le comunico che ha vinto tutto il mio amore, se effettuerà un piccolo ordine” come insegna il postalmarket.

Tesoro mi ricorda mio zio: chiama così anche il postino.

Ci vorrebbe qualcosa di sobrio, come egregia, e nello stesso tempo appassionato.

 

Egregio amore,

 

Sì, va bene, sobrio ed appassionato. Intanto è già passata mezzora e l’inchiostro ha riempito solo una minuscola frazione del foglio. Ora devo decidere che scrivere e, soprattutto, come. Purtroppo non ho modelli da seguire, a parte grandi testi letterari e solleciti di pagamento. Scrivere sulla falsa riga di un romanzo epistolare suonerebbe artificiale e sollecitare un pagamento alla propria ragazza quantomeno indelicato, anche perché le mie prestazioni non lo meritano.

Cercherò di arrangiarmi. Vediamo un po’, che posso raccontare di bello? Magari qualche spassosa situazione in cui mi sono trovato. Solo che a me non succede mai niente. Potrei uscire adesso in cerca di qualche avventura ma è difficile procurarsi un’avventura in mezz’ora.

Se descrivessi nuda e cruda la mia giornata ne verrebbe fuori uno squallido elenco del tipo: alzatomi all’ora x, mi sono lavato i denti, eccetera. Non penso che possa essere interessante, nemmeno arricchendo la storia con elementi più eccitanti tipo: il filo interdentale s’incastrò tra dente e gengiva, passai alcuni minuti di cieco terrore.

Pensandoci poi bene questa mattina i denti non me li sono nemmeno lavati: che ribelle!

Potrei lavorare di fantasia, inventare. Io che salvo bambini dalle acque di fiumi in piena, che sgomino bande di malviventi. Niente da fare, non riesco a pensare a nulla di verosimile.

Mi sovviene che forse, in fondo al cassetto, c’è, in effetti, una lettera, l’unica che abbia mai ricevuto. Me la spedì Edoardo dalla Spagna, parecchi anni fa.

Che fortuna, è proprio lì; quasi quasi la riciclo. Accidenti! Un altro buco nell’acqua. Non posso di certo ammettere di essere stato a letto con Maria e Juanita, e di essere poi fuggito dalla finestra per evitare che Pedro, tornato all’improvviso, mi scuoiasse con un coltellaccio da cucina. Scoprirebbe subito che le ho mentito: soffro di vertigini e non posso perciò fuggire da una finestra.

Meglio scartare la cronaca e concentrarsi sui sentimenti.

Troppo difficile: se metto giù le parole come più mi viene più naturale il discorso risulta piatto e scialbo, se tento invece di dare alle mie frasi nobiltà poetica ne escono mostruosità degne di una soap opera messicana. Non sono un poeta. Io sto alla poesie come Erode alla presidenza dell’UNICEF.

Allora? Come accidenti uscirne? In quattro ore di spossante lavoro ho prodotto solo un “Egregio Amore”.

Poi il lampo di genio.

 

Claudia,

 

ti telefonerò presto.

Ciao

 

Simone.