RE FUTURO
di Daniela
Quarta
Ora vi racconto una storia. Dunque, ci
sarà una volta, tra tanto tempo...
Un grande villaggio chiamato Posto del
Sole, sorto poco distante da una zona privilegiata dalla nuova natura
chiamata Montagne Emerse. La fantasia
di quanti vi erano giunti nel corso dei decenni decidendo poi di fermarsi, si
era sbizzarrita soprattutto nell’architettura delle case: si vedevano piccole
abitazioni imbiancate a calce erette dalle genti che secoli prima avevano
abitato la Grecia, ormai inghiottita dalle acque con tutti i suoi tesori
archeologici; c’erano costruzioni in adobe dei pellerossa identiche a quelle di
un qualsiasi pueblo del Nuovo Messico; altri edifici ricordavano il popolo
Dogon, nella regione del Mali, coperta oggi dai ghiacci come tutta quella che
circa due secoli prima era la caldissima Africa...
Era il tempo della quinta luna
dell’anno 2234. Secondo l’antica profezia Maya, il giorno 4 Ahau 3 Kankin
corrispondente al 23 dicembre 2012, sarebbe dovuta avvenire la fine del mondo.
In effetti, quel fatidico giorno era davvero finito il mondo di allora. Una
pioggia di meteore, alcune delle quali di dimensioni enormi, avevano provocato
una serie di catastrofi naturali scolvolgendo la terra e causandone addirittura
lo slittamento della crosta. Nello scivolare della superficie attorno al nucleo
interno, i poli si erano spostati: dove una volta esistevano solo iceberg il
sole aveva ridato vita a felci gigantesche, come quelle che ricercatori del
ventesimo secolo avevano rinvenuto conservate nel ghiaccio stesso risalenti a
milioni di anni prima di quell’epoca; al posto delle dune che riplasmavano in continuazione
i deserti muovendosi sotto l’impeto dei venti, oggi c’era acqua o montagne
innevate.
Dal 23 dicembre del 2012 nulla era
stato più riconoscibile. Il sole e la luna, spettatori impotenti della
catastrofe, continuavano a brillare su un pianeta che aveva persino rallentato
la rotazione sul proprio asse: un giorno terrestre dell’anno 2234 durava tre
dei vecchi giorni tramandati dalla storia, così le notti. I fortunati tra gli
animali, le piante e gli uomini, si erano pian piano adattati ai nuovi cicli e
al nuovo modo di esistere.
All’inizio era stata dura non avvalersi
più della corrente elettrica o del gas, ma ogni elemento umano che si andava ad
aggiungere ad un piccolo nucleo di sopravvissuti, si ingegnava per la propria e
l’altrui sopravvivenza basandosi su metodi vecchi di secoli. Fu un regresso
quasi totale. Non sapendo quanti fossero gli scampati alla catastrofe né cosa
era rimasto di ciò che l’uomo aveva inventato e costruito prima del caos, i
pochi uomini rimasti avevano rispolverato le conoscenze degli avi adattandosi a
un sistema di vita che mai avrebbero immaginato diventasse il loro.
“Tutto avvenne per punire la stupidità
dell’uomo” stava dicendo il Grande Sciamano a quanti, tra gli abitanti del
Posto del Sole, erano riuniti attorno al fuoco per ascoltarlo. “Voi sapete che
i signori del tempo e del cielo non tollerano la stupidità, però la temono.
Temono le sue conseguenze. Ed è per questo che cercano di combatterla, affinché
l’intera umanità non debba soccombere a essa.”
“E’ stata la stupidità dell’uomo a
riportarci indietro nel tempo, Grande Saggio, non l’arroganza?” chiese il
piccolo Fernil, alla ricerca di conferma alla strana fiaba narrata sempre dai
grandi.
“Arroganza è sinonimo di stupidità,
piccolo mio.” La testa bianca annuì più volte. “Nel 2010, raccontava mio nonno
e il nonno di suo nonno, alcuni uomini manovravano nell’ombra per affermare la
propria superiorità nel campo delle tecnologie avanzate e, di conseguenza,
dominare il mondo. Purtroppo, non si sa esattamente come, uno di loro riuscì
nell’intento. Narra la leggenda che si sia servito di personaggi-chiave
dislocati ovunque. Furono questi a sfruttare i cosiddetti media per inviare
messaggi subliminali atti a inculcare nelle genti di allora l’idea di eleggerlo
loro re.” Il Grande Sciamano fissò il fuoco. L’espressione degli occhi usurati
dal tempo era tristemente assorta.
Fernil e gli altri bambini erano
silenziosi e immobili. Come gli adulti alle loro spalle, attendevano che la
narrazione riprendesse.
“Re Futuro, come aveva deciso di
chiamarsi, aveva un esercito invincibile” disse il Saggio. “Secondo la
leggenda, sembra che nessuna arma riuscisse a ferirli e nessun pianto a
commuoverli. Prendendo forse spunto dal libro scritto da un certo Orwell, una
volta che Re Futuro si fu insediato istituì una forma di controllo costante sui
sudditi effettuata attraverso occhi elettronici volanti. Ogni individuo, dai
neonati agli anziani, ne aveva uno.” Il Grande Sciamano sollevò il pugno. “Un
orrendo occhio grande come il mio pugno, il cui funzionamento era programmato
sul respiro della persona da sorvegliare. Chi provò a liberarsene non ebbe il
tempo di pentirsi. Si dice che nel momento in cui venivano toccati da mano
umana o da un qualsiasi corpo estraneo più grande di un moscerino, gli orribili
occhi inviassero un impulso a uno dei soldati delegati ad uccidere. Furono anni
terribili.”
“Dimmi, Grande Saggio” lo interruppe
Leira, una bella ragazza dai capelli nerissimi e dagli occhi ancor più neri che
riflettevano le fiamme guizzanti. “Come mai nessuno si ribellò, erano così
vigliacchi a quei tempi?”
Lo Sciamano sorrise appena e un
reticolo di rughe si formò ai lati della bocca. “No, figlia mia, non erano
vigliacchi. A parte gli assetati di potere che si unirono a lui nel dominio del
mondo, diceva mio nonno e il nonno di suo nonno che molti avevano provato a
liberarsi del Re, ma nessuno era riuscito nell’impresa. Re Futuro era
invincibile. Addirittura immortale. Mio padre raccontava che un esploratore
della nuova Terra, capitato qui al Posto del Sole tanti cicli di lune orsono,
sosteneva che era ancora vivo e aveva addirittura ripreso a muoversi con il suo
esercito lungo le zone emerse, per riconquistare tutto ciò che la natura aveva
cercato di sottrargli. Sudditi compresi.”
Leira sbarrò gli occhioni terrorizzati
e chiese: “vuoi dire che potrebbe arrivare anche qui?”
“Spero tanto di no.” Lo Sciamano
sospirò. “Ma oggi, nella capanna del sudore, ho avuto la visione di sette corvi
che volavano in cerchio sul nostro villaggio. Un cerchio sempre più stretto,
sempre più stretto... poi si sono lanciati in picchiata verso il basso. Prima
di arrivare alle cime degli alberi che ci circondano si erano trasformati in
sette occhi. Nel vederli, tutti fuggivano via spaventati.” Lo sguardo del
vecchio vagò attorno soffermandosi soprattutto sugli uomini più giovani e più
forti. “Per questo vi ho riuniti qui, stasera. Voglio che stiate con i sensi
all’erta e mi riferiate subito qualsiasi avvenimento fuori dell’ordinario.
Avvertite anche chi non è presente, fate circolare la voce negli angoli più
remoti del villaggio. E pregate i custodi del tempo e del cielo che il presagio
funesto sia dovuto soltanto alla mente stanca di un povero vecchio qual io
sono.”
Leira e gli altri rimasero in silenzio
ad osservare il mutare di ombre disegnate dal fuoco sui volti di ognuno. Quanto
detto dal Grande Saggio era spaventoso. Correvano sul serio il rischio che Re
Futuro giungesse sino a loro? Ed era davvero immortale? Sui manoscritti che gli
abitanti del Posto del Sole avevano stilato dopo la catastrofe in poi se ne
parlava appena, forse perché dall’insediamento di Re Futuro alla pioggia di
meteore era trascorso pochissimo tempo? Oppure perché gli amanuensi, tra i
quali si annoverano anche medici, ingegneri, insegnanti, scienziati e via
dicendo, avevano preferito tramandare le loro conoscenze piuttosto che sprecare
l’inchiostro, ricavato da grasso animale misto a fuliggine o nerofumo,
scrivendo di un folle che speravano fosse sprofondato nelle viscere della terra?
Domande destinate a rimanere senza
risposta, e il fuoco andava ormai spegnendosi. Molti di quanti si erano
radunati attorno a esso erano tornati nelle loro case, ma i ragazzi più giovani
erano rimasti a fantasticare su eroiche imprese da compiere per difendere il
villaggio. Un ardire nelle parole che mascherava la paura. Non volevano
diventare degli schiavi. La loro società era basata sulla libertà usata con
saggezza, sulla collaborazione e sul rispetto reciproco. Principi che nei primi
dodici anni del terzo millennio erano diventate utopie. Solo la voglia di
ricominciare dei superstiti li aveva trasformati in dogmi.
“Sta di fatto, però, che le
premonizioni del Grande Saggio si sono sempre rivelate esatte” disse Arael. Gli
occhi azzurri del ragazzo, che contrastavano con la pelle color cioccolata
frutto dei tanti incroci avvenuti durante quei due secoli, avevano
un’espressione battagliera quando disse: “secondo me, dovremmo rileggere tutto
ciò che gli scampati alla distruzione scrissero su Re Futuro, dopodiché ci
riuniremo ancora con il Grande Saggio per discutere su ciò che ognuno di noi ha
appreso. Quando avremo più chiaro contro cosa si dovrà eventualmente
combattere, metteremo a punto una strategia difensiva.”
“Se l’esercito di Re Futuro è davvero
invincibile, come pensi di contrastarlo? Non siamo pratici di armi, tantomeno
di guerra” obiettò Luden, un piccoletto dai capelli rossi come la brace di
fronte alla quale sedeva. Gesticolava come al solito in maniera esagerata. Le
grandi maniche della casacca tessuta a mano che indossava svolazzavano ad ogni
movimento. “Per non parlare della sua presunta immortalità. Se è davvero
immortale ti devi per forza arrendere.” Scosse i riccioli che scendevano in
simpatico disordine a coprire la fronte. “No, amici miei, smettiamola di
sognare ad occhi aperti e vederci come eroi. La realtà è una sola: per quante
notizie potremo apprendere su Re Futuro dai vecchi manoscritti, rimane comunque
da sperare che non arrivi mai.”
Trascorse un intero ciclo di lune da
quella sera. Un tempo durante il quale ogni persona valida del villaggio
cominciò a costruire archi e frecce e a impratichirsi del loro uso. Altri
forgiavano spade. Mentre molti divenivano infallibili frombolieri, alcuni
raffinavano i vari tipi di trappole usate sino ad allora per catturare
selvaggina nei boschi. Intanto ognuno studiava per proprio conto quanto
riportato sui manoscritti relativo a Re Futuro. Al calare della notte del nuovo
ciclo di lune, il Grande Sciamano aveva di nuovo radunato attorno al fuoco le genti
del Posto del Sole.
“Purtroppo è giunto il momento di
comunicarvi una terribile notizia” disse. Le rughe profonde sul volto
addolorato sembravano cicatrici. “Nelle ore più calde del lungo giorno appena
trascorso, qualcuno è venuto ad avvertirmi di aver notato una strana
irrequietezza nei cani e stormi di uccelli in fuga, tutti provenienti dalla
stessa direzione. Gli ossi magici che ho interrogato in proposito concordano
con quanto afferma il vento che scende dalle Montagne Emerse: Re futuro ha
saputo di noi da un viaggiatore della nuova Terra e si sta dirigendo qui.”
La paura serpeggiò tra i presenti
suscitando brividi. I più piccoli cercarono rifugio tra le braccia degli
adulti, che a loro volta si stringevano l’uno all’altra nel tentativo di dare e
ricevere conforto. Tentativo inutile. Se quanto narrava la leggenda rispondeva
anche solo in parte alla verità, le genti del Posto del Sole sapevano che era
la fine.
“La visione che ho avuto era molto
chiara, purtroppo” disse con un sospiro il Grande Sciamano. “In testa alla
colonna c’è il Re con un esercito di fedelissimi, tutti vestiti di bianco e
tutti alla guida di mezzi metallici simili a quelli descritti a suo tempo dai
sopravvissuti. Dietro seguono dei cenciosi su carri di legno o a cavallo.
Questi sbandati li ho visti ridere, sfidarsi alle corse e agitare delle armi
simili alle nostre, mentre Re Futuro e gli altri vestiti di bianco non
tradivano né eccitazione né gioia.” La voce si abbassò. “Non so quale, tra due
gruppi tanto diversi tra loro, sia più pericoloso, ma una cosa è certa: quando
arriveranno non voglio che opponiate resistenza alcuna. Cerchiamo prima di
capire quali sono le loro intenzioni, poi decideremo il da farsi.”
Il silenzio che incombeva sulla folla
raccolta attorno al Grande Sciamano, sembrava avere una consistenza quasi
solida. E in quel silenzio meno sopportabile del più assordante dei frastuoni
cominciò l’attesa.
Allo spuntare del nuovo giorno, i primi
ad avvertire un cambiamento nell’aria furono gli uccelli. Era stato soltanto un
fremito, ma sufficiente a farli alzare in volo e fuggire nella direzione
opposta a quella dove la vibrazione aveva avuto origine. Subito dopo gli
animali domestici cominciarono ad agitarsi e i cani a girare in tondo guaendo.
Quando i puntini scuri appena apparsi all’orizzonte assunsero sembianze più
riconoscibili, il sole ancora basso scaldava appena la folla radunata
all’imbocco del villaggio.
L’immagine di Re Futuro e dei suoi
seguaci ingrandiva sempre più nelle pupille dilatate dalla paura. Quando ne furono
invase, il Re spense la specie di moto che guidava e il seguito fece altrettanto. I carri e i cavalieri si
arrestarono dietro di loro.
Nel disperdersi del polverone
sollevato, l’aria si era fatta immobile come doveva essere prima che iniziasse
il mondo. Il Grande Sciamano, piume bianche tra i lunghi capelli a
simboleggiare la leggerezza dei pensieri puri e il bastone inciso con i simboli
magici stretto in mano, si staccò dalla folla facendo due passi avanti. Rimase
in attesa. La tunica tinta color indaco con l’Isatis svolazzava attorno alle
gambe ossute.
“Presumo sia tu a comandare, qui” disse
Re Futuro, riconoscibile dagli altri vestiti come lui per la corona dorata
impressa sul davanti tuta. Tute di uno strano materiale, che gli abitanti del
Posto del Sole non avevano mai visto: sottile ma robusto, pronto ad adattarsi
ad ogni movimento del corpo come una seconda pelle.
“Sono soltanto il più anziano del
villaggio, pertanto incaricato di accoglierti” rispose il Grande Sciamano. “Qui
non c’è chi comanda e chi obbedisce.”
A quelle parole, il volto statico del
Re sembrò sorridere. Ma fu solo un attimo. Con un agile volteggio smontò dal
sellino ergendosi in tutta la sua notevole statura. Piantati i pugni sui
fianchi snelli, lasciò correre lo sguardo sulla folla silenziosa.
Illuminato dal sole sembrava davvero
invincibile. I capelli color oro pettinati all’indietro davano risalto agli
alteri lineamenti classici. Gli occhi gelidi, identici a quelli degli uomini in
tuta, erano tanto chiari da sembrare di vetro. La freddezza che da essi
traspariva non faceva presagire nulla di buono.
“Be’, mi spiace, vecchio” disse con
ironia il Re. “Ma da oggi qui comanderò io, Re Futuro, e il tuo popolo
ubbidirà. Sto lavorando per ricostruire un mondo tecnologico. Voi avrete l’onore
di partecipare all’impresa.” Fece una pausa durante la quale gli occhi
impossibili sembrarono voler trafiggere le genti del Posto del Sole. “Non
crediate di potervi sotrarre ai miei comandi, andreste senz’altro a
soccombere.”
Bastò un cenno perchè il suo seguito
motorizzato si armasse come per incanto di pistole. Puntandole contro alberi o
animali, lasciarono partire dei raggi che dissolsero i bersagli. Cessata la
spaventosa esibizione, gli sbandati al seguito del Re cominciarono a ridere e
urlare brandendo archi, fionde e randelli.
“Ora” riprese Re Futuro tacitando gli
scalmanati alle sue spalle, “voglio che i vostri arcieri migliori scaglino
frecce contro me e contro loro.” Indicò il seguito motorizzato. “Frecce o qualunque
altra cosa con la quale pensino di ferirci o ucciderci.”
Arael e Luden furono i primi ad
accettare la sfida, ma ad ogni dardo che rimbalzava sui corpi degli invasori
senza ferirli, i volti dei due ragazzi divenivano sempre più attoniti; ad ogni
fendente che riusciva sì e no a lacerare le tute senza far sanguinare la pelle,
i colpi si facevano meno decisi. Tra le risate dei cenciosi in coda al corteo e
le esclamazioni di doloroso stupore dei compagni con i quali si erano allenati,
Arael e Luden infine dovettero arrendersi all’evidenza del portento e
desistere.
Fu l’inizio della fine, per il
villaggio. Nel momento stesso in cui Re Futuro prese possesso della costruzione
più alta là esistente per installarvisi con i seguaci e con le sconosciute,
misteriose attrezzature scaricate dai carri, ad ognuno degli abitanti fu
assegnato un occhio elettronico, proprio come narrava la leggenda. Mentre gli
orribili occhi facevano delle genti del Posto del Sole degli schiavi, la
marmaglia a cavallo gironzolava per il villaggio dando esibizioni di supremazia
e di violenza in attesa di scegliere una casa qualsiasi dove fermarsi a
mangiare e magari violentare una donna.
A differenza di loro, gli uomini in
tuta e il Re non intrattenevano rapporti di alcun tipo con la popolazione.
Incuranti di quanto avveniva attorno, trascorrevano gran parte del tempo nella
grande casa requisita e alla quale avevano ordinato fossero apportate alcune
modifiche: il tetto era stato sostituito da un terrazzo e le finestre erano
state allargate al massimo per favorire l’ingresso della luce, cosa che aveva
stupito non poco dal momento che era una costruzione già molto luminosa e
soleggiata. Gli abitanti del villaggio incaricati dei lavori, erano rimasti
sconvolti alla vista delle consolle costellate di cursori e lucine attorno alle
quali si muovevano gli invasori in tuta. Ma erano rimasti ancor più sconvolti
di fronte alle immagini di altri luoghi e altri popoli che si alternavano su
quello che veniva chiamato video-wall: cose delle quali avevano solo letto sui
manoscritti tramandati. Cose che credevano ormai distrutte per sempre. E il
tutto funzionava senza energia elettrica.
I magnanimi custodi del tempo e del
cielo sorvegliarono il trascorrere di un altro ciclo di lune. Malgrado Re
Futuro avesse concesso agli abitanti del villaggio di conservare le proprie
tradizioni e i propri riti, sembrava che ormai nessuno avesse voglia di fare
più di quanto necessitava per la sopravvivenza o di quanto veniva loro
ordinato.
Terminato di scavare dove i metal-detecteor
dei capisquadra a cavallo segnalavano la presenza di materiali ferrosi, al
termine dei turni gli uomini resi schiavi si rifiutavano di pensare; quando
parlavano, parlavano di sciocchezze. Il lavoro era duro, e lo scontento
viaggiava di pari passo alla stanchezza. Gli scavi venivano effettuati su un
territorio talmente vasto che a volte richiedeva giorni di permanenza lontano
dal villaggio, sorvegliati dalla feccia, perché era quello il lavoro degli
sbandati al seguito del Re. La violenza e la crudeltà che li
contraddistinguevano avevano bisogno di essere alimentarte in continuazione, di
conseguenza cresceva nei prigionieri la voglia di farla finita in qualche modo.
Non importava come, purché il tormento avesse fine.
Si verificarono i primi suicidi.
Sembrava che solo il Vecchio Saggio continuasse a pensare in termini di
ribellione e libertà. L’impossibilità di elaborare piani aveva fatto sì che
anche i giovani accettassero passivamente il proprio destino, ma lo Sciamano un
giorno raggiunse un capannello di ragazzi intenti a lasciarsi abbrutire e
disse: “oggi è il giorno del rito del silenzio, l’avete dimenticato?” chiese
con aria di rimprovero per aggiungere subito dopo: “vi aspetto tra poco nella
capanna del sudore. Non mancate.”
L’enfasi con la quale erano state
sottolineate le ultime sillabe, impedì al gruppetto di ribattere esternando
meraviglia. Il Grande Sciamano aveva voluto trasmettere loro un chiaro
messaggio. Improvvisamente attenti, i ragazzi ripresero a parlare di nulla.
Intanto pensavano.
Arael pensava che non era mai esistito
un giorno del rito del silenzio. Alla luce di questo, e a meno che il loro
saggio uomo non fosse impazzito, questi aveva trovato di sicuro il sistema per
comunicare con loro. Arael era eccitato. Anche gli altro lo erano, lui li
conosceva bene e lo capiva, ma per non rivelare il loro stato d’animo agli
indiscreti occhi elettronici, evitavano addirittura di guardarsi ostentando il
solito disinteresse per quanto li circondava. Fingendo di provare noia per
l’incombenza, Luden scostò le spalle dal muro dov’era appoggiato a godersi il
sole e a beneficio degli occhi disse: “mah, è ora di avviarci per quella
seccatura di rito.” Infilò le mani nelle tasche dei larghi pantaloni di ruvida
tela e s’incamminò con gli altri al seguito.
L’interno della capanna del sudore
sembrava l’antro dell’inferno. La temperatura era altissima. Quando veniva
gettata acqua sulle pietre roventi, il vapore impediva ai ragazzi di vedere se
stessi nella loro nudità. Imitando il Grande Sciamano, che si era limitato a
portarsi l’indice alla bocca per intimare il silenzio, sedettero tutti attorno
alle pietre disposte sul fuoco. Trascorse un minuto, due, tre... finalmente il
vecchio scosse il braccio di Arael accennando verso gli occhi elettronici.
Arael capì subito: il vapore che li
aveva appannati avrebbe impedito loro di esercitare la consueta sorveglianza, e
dato per scontato che nessuno avrebbe cercato di toccarli nè di erigere
barriere materiali tra essi e i respiri sui quali erano programmati, non sarebbe
partito alcun allarme diretto alle guardie in tuta. Essendo poi il rito del
silenzio quello che avevano sostenuto di stare officiando, le guardie alle
consolle non si sarebbero stupite se gli occhi non avessero captato le loro
voci.
Quando tutti i ragazzi ebbero dato
cenno di aver preso coscienza della situazione, il Grande Sciamano lisciò il
terriccio misto a cenere di fronte a sé e con la punta dell’indice destro
scrisse: “ho bisogno di sapere più
particolari strani possibile su Re Futuro e le guardie in tuta. Cos’è che vi ha
stupito di più tra le notizie apprese su di loro?”
Non appena tutti ebbero letto, Arael
cancellò la frase con la mano e scrisse a sua volta: “credo anche tu sappia che né il Re né gli uomini in tuta mangiano o
bevono. Non cercano neanche i favori delle donne. Solo gli altri del seguito lo
fanno.”
Subito dopo Seriin scrisse in fretta: “i sopravvissuti sostenevano che, ai tempi
della vecchia terra, il Re e i suoi non si recavano mai in zone piovose.”
Ludel gli scostò la mano e aggiunse: “quando stavamo lavorando nella casa dove il
Re aveva deciso di installarsi, ho visto portar via in tutta fretta una delle
guardie in tuta. Di colpo era rimasta immobile, in piedi. Muoveva solo gli
strani occhi, ma li muoveva sempre nella stessa maniera.”
“Io,
invece, ad una di quelle stesse guardie ho toccato inavvertitamente la mano
notando che era freddissima” scrisse
un altro. “E non sudano mai. Eppure, qui
al Posto del Sole spesso fa molto caldo, ma loro sembrano non avvertirlo.”
Si fece avanti il più giovane del
gruppo, molto timidamente. Con fare esitante scrisse: “mia sorella, prima di uccidersi dopo essere stata violentata, disse
che l’uomo si era vantato di aver visto cosa avveniva oltre lo sbarramento
formato da una parte delle guardie in tuta. Sosteneneva di essere salito su un
albero e di aver visto il Re e alcuni dei suoi addormentarsi sotto il sole,
nudi, come pare accadesse più volte durante il lungo giorno. Trascorsa qualche
ora, le guardie distese si alzavano permettendo a quanti avevano vegliato di
addormentarsi a loro volta. Ma il perché lo facessero non si sa.
Il Grande Sciamano si guardò attorno
per accertarsi che nessuno avesse nulla da aggiungere. Quando ne fu sicuro
scrisse: “pensateci ancora su. Se vi
verrà in mente qualche altra cosa, al sorgere di ogni giorno io sarò qui ad
aspettarvi. Mentre alcuni parleranno per stornare i sospetti di chi ci
sorveglia, altri potranno scrivere messaggi come abbiamo fatto oggi. Tra poco
potete cominciare ad uscire, e che i custodi del tempo e del cielo vi siano
accanto.”
Seduto ora nel suo angoletto al sole,
il Grande Sciamano rifletteva su quel che avevano scritto i ragazzi. Spezzoni
che cercava di mettere insieme a quanto da lui appreso il giorno precendente
quando, liberato il corpo astrale, aveva osservato ciò che avveniva sul
terrazzo della casa dove viveva Re Futuro: questi e alcune delle guardie erano
distesi al sole, nudi e immobili. Sembravano morti. Accanto a loro, un sistema
che il Grande Sciamano aveva riconosciuto come le celle fotovoltaiche così ben
descritte da uno dei sopravvissuti, imbrigliava l’energia del sole per
consentire il funzionamento delle attrezzature installate ai piani inferiori.
Il vecchio si agitò per accomodare
meglio le ossa stanche e sospirò. Sì, a pensarci bene tutto supportava la sua
ipotesi: Re Futuro e le guardie in tuta altri non erano che perfetti robot
costruiti dagli uomini del terzo millennio a propria immagine e somiglianza.
Tutto lo confermava: il fatto che non si nutrissero e non cercassero donne; la
pelle fredda e l’invulnerabilità della stessa; per non parlare degli occhi,
sicuramente di vetro e uguali per tutti; poi la guardia vista portare via da
Ludel alla quale si era di sicuro interrotto un circuito; il bisogno di sole...
“Anch’essi funzionano a energia solare,
come le attrezzature” concluse il vecchio. “Per questo hanno voluto che sulla
casa fosse costruito un terrazzo, perché durante il giorno devono stendersi per
irradiare più superficie possibile e ricaricarsi in previsione della lunga
notte. La pelle che li ricopre dev’essere uno strato leggerissimo di chissà
quale materiale. Sono certo che, mentre Re Futuro e una parte delle guardie si
ricaricano, il resto è stato programmato dal Re stesso per sorvegliare affinché
nessuno attenti alla sua incolumità.”
Rammaricandosi comunque della sua
impotenza, il Grande Sciamano malediva il destino avverso che ai tempi della
catastrofe aveva risparmiato proprio quei robot, armati di laser e capitanati
da quello che tra essi era stato dotato di immenso sapere dagli uomini. Di
quegli stessi uomini, Re Futuro aveva assimilato la brama di potere sino al
punto di arrivare poi a dominarli. E lui, il Grande Saggio nel quale tutti
avevano sempre riposto una gran fiducia, non poteva far nulla per le genti del
Posto del Sole. Anche ora che aveva intuito la verità, non poteva fare
assolutamente nulla.
Trascorsero altri cicli di lune, ma
durante uno di essi lo Sciamano fece un sogno premonitore. Un gran bel sogno
che lo spinse a svegliarsi e riflettere: i custodi del tempo e del cielo
avevano voluto avvertirlo che il giorno successivo sarebbe avvenuta un’eclissi
totale di sole. Un’eclissi come quelle descritte dai sopravvissuti, e con il
rallentamento della rotazione della nuova Terra sarebbe durata ore e ore.
Il Grande Sciamano rimase a lungo
seduto a elaborare un piano, gambe incrociate e occhi socchiusi. Era la loro
unica occasione per tornare a vivere una vita degna di essere chiamata tale.
Certo, ciò che gli era venuto in mente di fare era rischioso, ma bisognava
almeno provare. Pertanto, quel mattino avrebbe messo al corrente i ragazzi
dell’eccezionale evento cosmico ordinando loro che, nel momento in cui il sole
fosse stato oscurato, tutte le squadre di lavoro controllate dagli uomini a
cavallo avrebbero dovuto ribellarsi e ridurre i sorveglianti all’impotenza. Era
certo che vi sarebbero riusciti. A parte la superiorità numerica e
la rabbia a
fungere da propulsore, il pericolo reale era dato dagli
occhi elettronici. Erano essi che in condizioni normali avrebbero allertato le
guardie in tuta spingendole a salire sulle velocissime moto e intervenire con i
laser. Ma nel pieno dell’eclissi, che sarebbe avvenuta dopo una lunga notte e
che sarebbe durata molto a lungo, le guardie non avrebbero certo avuto energia
sufficiente per reagire e, allo stesso tempo, provvedere all’incolumità di Re Futuro
e alla propria.
Il Grande Sciamano annuì a nessuno e
sorrise: era fattibile. Il piano congegnato era più che attuabile. Una volta
che il sole fosse rimasto oscurato impedendo ai robot di funzionare, tutte le
genti del Posto del Sole avrebbero dovuto circondare il loro quartier generale
con alte cataste di legna. Altra legna sarebbe stata portata all’interno.
Tanta. Così tanta da riempire le stanze. Ed essendo centinaia le persone che
abitavano il villaggio avrebbero fatto in fretta. Anche le donne e i bambini
avrebbero dovuto fare la loro parte. Dopodiché il fuoco avrebbe distrutto il
terribile esercito costruito a immagine e somiglianza dell’arrogante,
pericoloso uomo dell’anno 2012.
La storia finisce qui. Resta solo da
aggiungere che tutto si compì come il Grande Sciamano aveva sperato. Le genti
del Posto del Sole danzarono a lungo alla luce delle fiamme che salivano alte
attorno al quartier generale dei robot. Finalmente liberi, nel riprendere la
vita semplice dove le tecnologie avanzate e il dominio che consentono saranno
solo un brutto ricordo, gli abitanti della nuova Terra vivranno per sempre
felici e contenti.