CROSSROAD
ROCK
di
Michele Giannoni
Suono
la batteria in un gruppetto rock, e finiamo di suonare sempre molto tardi. Io
preferirei staccare già verso le undici, ché sono quello che sgobba di più, che
più di tutti rischia l'asfissia, in quella cantina fumosa che usiamo come sala
prove, ma gli altri giocano a fare le rockstar, e allora dobbiamo darci dentro
fino a tardi a forza di birrini e ritmi indiavolati, e dopo me ne torno a casa
stordito, con un fischio continuo nelle orecchie e pezzi di canzoni che mi
ronzano in testa.
E'
notte fonda, ormai, e le strade della periferia sono deserte, e allora spingo
il mio motorino scalcinato a tutta manetta, cioè quarantacinque all'ora.
Il
solito incrocio bastardo. La strada che viene giù da destra è in pendenza e le
vetture arrivano come missili. Per di più la visuale, in quella direzione, è
ridotta da una cabina telefonica e da una fila di cassonetti dell'immondizia,
sicché bisogna stare molto attenti.
Be',
mi sa che ho un'overdose di rock nel cervello e un birrino di troppo nel
sangue, e così attraverso con una certa spavalderia. Nello stesso istante,
manco a dirlo, da destra arriva un grosso fuoristrada.
Sgombro
l'incrocio più in fretta possibile, trattenendo il respiro. Il fuoristrada, un
Toyota metallizzato, inchioda a pochi metri da me con uno stridio infernale.
Io, vigliaccamente, evito di guardarmi indietro, limitandomi a dare
un'occhiatina nello specchietto, e dopo un attimo di smarrimento riprendo
velocità. Occhei, d'ora in poi sarò più prudente, giuro.
Ma
il fuoristrada mi ruggisce dietro, mi raggiunge, mi s'affianca e mi stringe
contro il bordo della strada. Freno. Spengo. Piedi a terra.
S'è
fermato di sbieco. Due tizi escono e mi si fanno addosso con una rapidità da
sbirri.
Invece
sono zingari. Il guidatore è un tipo robusto, camicia aperta sul petto,
giacchetta stazzonata, pancia da gran mangiatore. L'altro è un segaligno
stempiato. Gesticolano furibondi vociando in una lingua che già di per sé è
tutta schiaffi, indicando ora questo ora quel tratto dell'incrocio e
guardandomi con aria accusatoria, come se quella strada l'avessi progettata io
con l'intenzione di provocare un incidente.
Il
secco, abbaiando qualcosa, si punta l'indice e il medio a forcella verso gli
occhi sbarrati e non capisco se vuol dire 'non ci vedi' o 'ti cavo gli occhi'.
Appoggio
il motorino sul cavalletto, allargo le braccia, conciliante: "Occhei,
occhei, scusate". Reprimo a stento una risatina nervosa.
Comincio
ad aver paura sul serio quando il secco comincia a darmi delle spintarelle,
sbatacchiandomi in faccia una parola incomprensibile, che ripete più volte.
Quello
più grosso si ficca la mano in tasca, estrae un coltello e CLACK, la lama
scatta fuori e mi guizza sotto il naso. Restiamo così per tre o quattro
secondi, come il fermo immagine di un film sul Bronx.
Poi,
lentamente, alzo i palmi delle mani, assumo l'aria più consapevole che mi
riesce e ripeto: "E' colpa mia. Avete ragione. Che vi devo dire? Avete
ragione."
Strano:
mentre lo dico capisco che è vero. Eh, sì, perché dopo tutto loro avevano la
precedenza ed io ho attraversato come un incosciente. Il coltello mi ha messo
giudizio. Sono proprio un imbecille, uno sciagurato, quasi mi viene da piangere
a pensarci.
I
due zingari mi squadrano, mi annusano, e capiscono che non sto facendo la
commedia. Il grosso fa un breve cenno d'assenso e rimette dentro la lama.
Rientrano in macchina. Il fuoristrada riparte, a passo d'uomo.
Anch'io
riprendo la via. Per un momento viaggiamo affiancati. Il finestrino del
passeggero s'abbassa, il secco sporge la testa fuori, biascica chissà che in
tono sprezzante, agguanta da un vano del cruscotto un oggetto rotondo e me lo
scaglia addosso.
Un
ovetto di cioccolata. Ancora incartato. Mi rimbalza contro il petto e rotola
via, mentre il fuoristrada schizza in avanti.
Resto
basito. Poi mi monta la rabbia.
"FIGLI
DI PUTTANAAA!!!" strillo, e mi lancio all'inutile inseguimento.
Non
lo vedo neanche più, il Toyota, ma continuo a correre e a urlare come un pazzo
per un bel po', immaginando me stesso che sperono il fuoristrada e comincio a
menar calci allo sportello e poi gli scaravento il motorino nel parabrezza e
glielo spacco tutto e dopo stendo i due balordi con un calcio volante e un
pugno nello stomaco, che ci hanno colpa loro, ci hanno, che andavano a cento
all'ora a…a un incrocio urbano! Seee! Delinquenti! Ssseeee!! LURIDI BRUTTISSIMI
BASTARDIIII!!! VI AMMAZZOOO!!! AAAAAAHHHH!!! Grido, e a squarciagola canto:
Let
it roll baby roll
Let
it roll baby roll
Let
it roll
All
night long
"Tutto
questo è molto rock," concludo infine, e imbocco il viadotto, e guardo da
sotto in su un pilone d'acciaio, obliquo, puntato verso la luna, e mi sembra di
essere in America.