COME
VUOLE, SIGNOR BALDINI
di
Michele Giannoni
Ines
è irritata. Lo capisco da come, ad ogni passo, le sobbalzano le carni.
"Allora?" geme.
"Ci
siamo quasi."
"Senti,
Lele, mi prendi per il culo? E' da un chilometro che ripeti 'ci siamo quasi'
".
"Eccolo,"
faccio io, indicando un punto nel groviglio d'insegne che penzolano, stordite
dal caldo, davanti a noi.
"Dove?"
"Dopo
la farmacia."
"Boh?"
"Mi
sa che sei tu che hai bisogno dell'ottico."
Ines
replica con una falsa risata sarcastica.
"Senti,
tu mi aspetti qui. Faccio in cinque minuti," mi affretto a dire.
"Come
sarebbe? No, bello, ci vengo anch'io!"
"Ci
metto tre minuti."
Si
ferma, si pianta le mani sui fianchi: "Perché non vuoi che vengo?"
"Ma
perché no, dài!"
"No,
Lele, ora mi dici perché non devo venire!"
"Perché…perché
voglio andarci da solo."
"Dov'è
quest'ottico?"
"Là!
E' là! Vedi quell'insegna gialla e rossa con scritto Kodak?"
Si
volta, finge di guardare e torna a inchiodarmi gli occhi addosso: "E' una
donna, l'ottico?"
"NO!
E' un vecchio, un vecchio coi capelli bianchi!"
"Fammi
vedere gli occhiali!"
"T'ho
detto di no."
"Perché?"
"Voglio
essere io a scegliere."
"E
il mio parere non conta un cazzo, eh?"
"Czzmrd!"
ringhio, cacciando la mano nel mio zainetto. Tiro fuori la busta e gliela
porgo. "Fa' attenzione," dico.
Ines
lascia scivolare gli occhiali fuori della busta nel palmo della mano, alzando
un sopracciglio li osserva e fa per rendermeli: "Tie', fammi vedere come
ti stanno."
Li
riprendo, resto lì, a capo chino. Immagino di provarli, mi figuro la faccia
larga di Ines che si sgrana in un sorriso beffardo.
Le
strappo la busta di mano e ripongo il fagotto nella borsa.
Ines
trasecola: "Che fai?"
"Li
rimetto a posto. Potrebbero rompersi. Sono sacri, capito?"
"Sei
proprio rintronato!"
Mi
guardo in giro. "Senti, Ines, aspettami lì." Indico un negozio di
costumi da bagno dall'altra parte della strada. "Volevi comprarti un
costume, no? Guardateli tutti ben bene, e scegli…scegli quello che più mette in
risalto le tue curve…veneree. Domenica ti porto al mare, eh? Io faccio in due
minuti, due minuti d'orologio."
Lei
continua a guardarmi con aria di sfida, di scatto mi volta le spalle e si appresta
ad attraversare. Mentre controlla che non sopraggiungano automobili, sbuffa
facendo vibrare le labbra come fanno a volte i cavalli.
La
quieta penombra del piccolo negozio ha il potere di placarmi. La figura del
vecchio è inquadrata nel vano dell'uscio del retrobottega. E' seduto a un
tavolino e si sorregge la fronte con la mano. Il cono di luce della lampada è
puntato sulla mola e gli investe il profilo delle spalle ampie e rotonde. Il
vecchio si volta lentamente.
"Buonasera,"
mormora, guardandomi da sotto in su. Si alza e, con calma, raggiunge il banco.
Indossa un gilet di lana bordeaux su una camicia bianca. Poggia sul banco le
mani aperte e mi scruta coi suoi grandi occhi grigi. Tutto in lui esprime
pacatezza.
"Ah.
Lei è venuto l'altro giorno. E' il signor…Baldini."
"Sì,"
rispondo lusingato dal fatto che ricordi il mio nome. Frugo nel mio zainetto:
"Mi ha dato due paia d'occhiali da scegliere, e…"
"Sì,
mi ricordo. Allora, ha deciso?"
Spingo
al centro del banco gli occhiali
che preferisco: "Voglio questi."
"Bene.
Li ha fatti vedere alla sua ragazza? Le sono piaciuti?"
"Hm,
hm," annuisco, mentendo. "Comunque mi ci trovo bene, mi sembra quasi
di non averli."
"Oh,
sono degli ottimi occhiali, e comunque, se si dovesse allentare una vite, o per
qualsiasi altro problema, io sono qua."
Maneggiandoli
con venerazione, mi appongo gli occhiali sul naso, me li aggiusto dietro le
orecchie e, incurante del bollino appiccicato sulla lente sinistra, mi ammiro
nello specchio disposto sul banco.
"Le
danno un'aria distinta." osserva il negoziante.
Arrossisco,
sorrido, mi tolgo gli occhiali e li poso di nuovo sul banco.
"Allora
…La ricetta me l'ha data l'altra volta. Questi li mettiamo da parte
e…questi…nella busta." Le mani del vecchio si muovono con ponderata
sicurezza, come su un tavolo da gioco. Prende una penna e scrive il mio nome
sulla busta, in una grafia tremolante ed ariosa al tempo stesso. Si sofferma a
riflettere: "Dunque…Il prezzo, si era detto…"
"Due
e cinquanta."
230.000,
scrive vicino al margine della busta, senza accennare allo sconto.
Solleva
il capo: "Quando passa a prenderli?"
"
Quando sono pronti?"
"Ah,
per me, anche domani."
"Oh,
mi spiace, domani non posso. Mi sa che ripasso lunedì prossimo."
"Come
vuole, signor Baldini."
"Mi
raccomando, me li faccia bene, eh?"
"S'intende,"
borbotta leggermente indignato. "Ne va del mio buon nome."
"Lo
so, lo so, facevo così per dire. Sa, gli occhiali sono una cosa
importante."
"Ah,
questo è certo. Ma lei può stare tranquillo, i suoi occhiali saranno
perfetti."
"Beh,
grazie. Allora…arrivederci."
"Arrivederci
e grazie a lei, signor Baldini."
Esco
di nuovo nella calura della strada. Tutto è come prima, ma qualcosa in me è
cambiato: ora il mio corpo si muove con nobile compostezza. Non sono più
Lele, sono il signor Baldini; e cerco con lo sguardo la mia signora.
Davanti
al negozio dei costumi da bagno non c'è. Mi sposto più avanti, torno indietro,
scruto nel viavai dei passanti. Nulla. Comincio a preoccuparmi.
Che
se ne sia andata senza di me? E' così impulsiva. S'è arrabbiata e se n'è
andata.
Non
ha tutti i torti, mi sono comportato da cafone. Mi scuserò, le telefonerò e le
chiederò perdono.
Ma
no, eccola! Intravedo il suo faccione tra la folla, mi ha visto, le vado
incontro.
"Dove
sei stata, cara?"
"Per
i cazzi miei, se non ti dispiace."
"Non
hai comprato il costume?"
"Bah!
Cari azzannati. Comunque m'è venuto in mente che domenica avrò le mestruazioni.
Non mi va di andare al mare con un tappo nella…"
"Va
bene, va bene," le taglio la parola in bocca. "Ci andremo un'altra
volta."
Immagino
me stesso coi miei nuovi occhiali. Ottimi occhiali…le danno un'aria
distinta…signor Baldini…come vuole, signor…
"Lele?!
Oh-oh?! Ci sei?" grida Ines, agitandomi la mano davanti al viso.
"Senti, avrei un certo languorino, si fa un salto da McDonald?"
"Uh?
Ah, sì, certo."
In
un estremo, disperato gesto di galanteria, le cedo il passo e mi accodo alla
scia di profumo e sudore che si lascia dietro.